"LA SCUOLA DEL MELEZET"
L’alta valle di Susa è ormai fra le regioni alpine più
frequentate, grazie allo sviluppo preso in questo ultimo trentennio dalle gite
estive e invernali.
Se analizziamo l’attrazione ch’essa esercita su di noi, ci
accorgiamo che è dovuta non soltanto alle sue possibilità sportive e al suo
paesaggio, ma anche all’armonia con cui le vecchie costruzioni ne completano la
bellezza; così che le antiche case, i tipici campanili delle chiese, le
cappelle, i piloni, restano parte integrante dei nostri più lieti ricordi.
L’alta valle di Susa è ricca di architetture dall’epoca
romana in qua. E non soltanto di architetture, ma di pitture, arredi, oggetti,
onorevoli testimonianze del lavoro intelligente e paziente del sacrificio
secolare di tempo e di denaro degli antichi valligiani.
La valle di Susa non era isolata fra le sue montagne come
certi affermano, perché lungo la valle di Susa si snodavano due dei percorsi
internazionali più frequentati, il Moncenisio e il Monginevro : per essi passarono
Barbarossa e Napoleone.
Naturalmente, chi cerca dappertutto Michelangelo e Raffaello,
resta alquanto perplesso di fronte ad opere di confine, in cui s’incrociano
tendenze disparate.
E’ senza dubbio la difficoltà di riconoscere la provenienza delle
diverse forme, che ha scoraggiato gli studiosi dall’approfondire i problemi
relativi all’epoca e all'ispirazione delle opere d’arte nelle nostre vallate alpine,
e rende indifferenti o sprezzanti le persone colte. Ma se loro vorranno, fra un
volo e l’altro in sci, fra una risata e l’altra, dare un’occhiata in giro, vedranno
opere che meritano qualche attenzione, e sono a volte, assai curiose.
Si dà il nome di Scuola di Melezet, dalla ben
nota frazione di Melezet di Bardonecchia, a scultori locali, la cui attività si
estese per molti secoli nell’alta valle, in Savoia e Delfinato. Il nome della
scuola serve a designare in particolare gli artisti del legno.
Segnalerò ora qualche opera, scegliendo di preferenza quelle
della conca di Bardonecchia.
L’arte di scolpire era già praticata con successo nella
valle di Susa, prima del XV secolo.
Un ottimo esempio è la chiesetta di S. Caterina a Chiomonte,
dove la formula del portale romanico è interpretata in modo insolito, e dove
soprattutto sono da esaminare le mensolette degli archetti sul fianco e sulla
facciata: sia in forme geometriche, sia con piccole facce, tipo intagli
africani, possono assegnarsi ai primi decenni del Duecento.
A questo tipo di sculture si possono riallacciare i capitelli
della chiesa parrocchiale di Salbertrand, dove l’interpretazione delle maschere
angolari in alcuni di essi, veramente picassiana, e il taglio semplificato di altri,
pone l’interessante problema della datazione dei pilastri.
Queste opere sono lavoro di artigiani della vallata, oppure di
artisti chiamati appositamente ad eseguirle?
Il fonte
battesimale della chiesa parrocchiale di Chiomonte appartiene alla stessa
tendenza. E’ molto antico? O è la sopravvivenza di un gusto ormai superato in Italia e Francia? Le caratteristiche razziali delle
testine che si affacciano sopra le grandi foglie, e la rude forza con cui
furono scalpellate, fanno pensare si tratti di arte locale.
La datazione della croce processionale della chiesa di
Melezet, lavorata secondo lo stile romanico anche nel perizoma che fascia il
corpo del Cristo, pone un simile problema. Le opere in legno precedenti il XV
secolo, sono scomparse, e quindi meriterebbe accertare esattamente l'epoca
della croce perché sarebbe l’esemplare più antico rimasto degli intagliatori in
legno di Melezet.
Varie acquasantiere di pietra si possono scaglionare nei
secoli medioevali fino al Cinquecento, tutte interessanti come giuoco di forme,
e la cui datazione è molto ardua.
Fra i più chiari segni di prosperità di tutti i tempi è la
sistemazione degli acquedotti. Ed ecco che una serie di grandi lavatoi fu
collocata nei paesi della valle al XV secolo, quando i più stretti rapporti colla Francia
fecero affluire commercio e benessere. Le vasche sono quasi tutte lavorate ad
archetti o a ornati, e la stessa cifra della data è pretesto a motivo
decorativo.
Tra di esse la vasca della frazione Thures di Cesana, di
forma poligonale, reca in rilievo su una delle facce, il motivo araldico di
corona due delfini e due gigli, che ci dice che la vasca fu lavorata dopo il
1446, epoca dell’annessione dell’alta valle al Reame di Francia.
Il soffitto in legno della chiesa parrocchiale di
Rochemolles, si compone di un traliccio a scomparti quadrati, ciascuno dei
quali porta una stellina, e meriterebbe d’esser conservato con più cura.
Confrontarlo col soffitto scolpito della valle d’Aosta ora al Museo Civico di
Torino, assegnato al sec. XV; esso è più ricco di quello di Rochemolles, ma quello di Rochemolles rivela
un gusto più delicato; confrontarlo soprattutto col soffitto della cappella di
S. Sebastiano a Lanslevillard nella Savoia al di là delle montagne.
Si possono assegnare alla seconda meta del XV secolo le due
statuette policrome della Madonna con Bambino e di S. Sisto a Pian du Col sopra
Melezet, giudicando dai costumi che indossano. Il benessere che la valle aveva
raggiunto e il suo sviluppo intellettuale si possono apprezzare guardando
queste figurette, dalla robusta grazia e dall'espressione intelligente.
Altro esemplare di scultura che mostra come la scuola degli
scultori locali stesse fiorendo, è il leggio della parrocchiale di Bardonecchia
che porta la data 1508. Il carattere paesano non esclude una sua bellezza: nel
delfino dello stemma del Delfinato, l’interpretazione dell'animale sconfina nel
mondo delle favole; sull’altra faccia del leggio, nella sintesi spiritosa di un
campanile del luogo colle sue cuspidi. Il leggio è poi stato sormontato da un
bizzarro ornato in tempo posteriore, e prova la perizia degli artisti
valligiani il fatto che esso s'intona benissimo col resto.
All'inizio del XVI secolo si osserva come, fra le tendenze
che s'incrociavano nell'alta valle, dapprima prevalesse l'influenza francese e
nordica. La tendenza artistica del Rinascimento italiano stentò a infiltrarsi nel
nord d'Europa, perché ad essa si accompagnava grave cambiamento di punto di
vista nell’intender la vita (prova le furibonde lotte religiose di quel
secolo), e i popoli del nord d'Europa proseguirono quindi svolgimento artistico
consono ai loro punti di vista, spingendo il gotico alle estreme conseguenze.
Dal contrasto fra le due tendenze e dai sorprendenti risultati dell'incrocio di
esse, nacque la inesatta convinzione che le valli di confine fossero incapaci
di accogliere movimenti artistici nuovi.
La tendenza rinascimentale italiana che appare nella
finissima porta della chiesa parrocchiale di Cesana, del 1518, è un caso
isolato e dubito sia stata fatta da un artista locale. Nei portali delle chiese
parrocchiali di Salbertrand, del 1512, e di Bousson di Cesana, vediamo la
continuazione del mondo artistico nordico, coll’arco inflesso Tudor, e
l’energia che distingue Parte delle regioni di montagna, sia in Piemonte che,
ad es., nel Tibet.
Meno ricco, ma ugualmente notevole è il portale della
frazione Savoulx di (Oulx, colla data 1532; e la stessa forma dall'apertura e
gli stessi intrecci di lettere assegnano la bellissima porta di una casa ad
Oulx agli stessi anni.
La porta minore della chiesa parrocchiale di Salbertrand, datata
1548, assai simile a quelle, mostra l’intenzione di accogliere elementi del
Rinascimento italiano come nella Francia coeva, senza modificare di molto
l’essenziale struttura.
Il contrasto dei due modi di vedere diede per risultato il fonte battesimale della chiesa parrocchiale di Bardonecchia, recante la data 1573. La vasca circolare su base poligonale, conserva il profilo dell’epoca precedente, ma nella biscottatura e negli angeli segue il modo rinascimentale. La vasca è sormontata da un coperchio a piramide, completato dal battesimo di Cristo : ma questo schema rinascimento è sormontato da un grazioso padiglioncino a cuspide gotico fiammeggiante.
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fonte battesimale S. Ippolito |
Il contrasto dei due modi di vedere diede per risultato il fonte battesimale della chiesa parrocchiale di Bardonecchia, recante la data 1573. La vasca circolare su base poligonale, conserva il profilo dell’epoca precedente, ma nella biscottatura e negli angeli segue il modo rinascimentale. La vasca è sormontata da un coperchio a piramide, completato dal battesimo di Cristo : ma questo schema rinascimento è sormontato da un grazioso padiglioncino a cuspide gotico fiammeggiante.
Opera strana è la vasca battesimale agli Arnauds, per i bassorilievi che la ricoprono. Dagli stemmi si deduce che appartiene alla fine del sec. XVI, se non ai primi anni del XVII, ma esce dagli schemi classici; soltanto adesso, abituati come siamo all’arte più bizzarra, possiamo gustarne il fascino e capire da quali contrasti spirituali e turbamenti sociali essa sia nata.
Per la necessità di proclamare ben chiaro il credo cattolico
della Controriforma, si costruirono e si scolpirono molti pulpiti, e parecchi
si possono vedere nella vallata, arricchiti di rilievi e diventati parte
importante delle chiese.
La croce del cimitero agli Arnauds di Bardonecchia presenta
un altro di quei problemini stilistici che rendono difficile fissare date, e
che richiederebbero pazienti ricerche negli archivi delle chiese, se pure resta
qualche documento.
La fontana di Sauze d ’Oulx e stata datata 1555 ma ritengo
che tale data possa riferirsi alla condotta di acqua, o a parte soltanto della
fontana, perché la vasca, col suo ricurvo profilo e la grande cartella su cui si
adagia lo stemma dell’Abbazia di Oulx, si può piuttosto assegnare alla prima meta
del Seicento, confrontandola colla fontana della Drancia a Saluzzo, che è del 1633.
Alla cappella di N. S. del Coignet agli Arnauds vi sono due
candelieri a forma di angeli ad ali spiegate che forse si possono pure
assegnare al XVII secolo, campioni dei lavori della scuola in
fatto di arredi.
Nella cappella di S. Andrea a Millaures, il quadro d’altare
della Madonna è stato inquadrato con una vistosa cornice a volute di fogliami,
dai quali sbocciano testine d’angioletti, nascondendo così parte degli
affreschi del Cinquecento avanzato che ricoprono la parete. Questa cornice fu
completata con due gradini e con un piccolo tabernacolo. Per quanto si tratti
di opera paesana in una cappella sulla montagna, i fogliami si svolgono con
un’ampiezza di movimento che fa dimenticare la mediocrità della pittura. Da
tale movimento, dalla forma del tabernacolo e supponendo che il quadro sia
stato dipinto alla stessa epoca, dall’esame dei costumi dei santi
rappresentati, deduco si possa assegnare questa cornice al XVII secolo. Essa
richiama, oltre l’arte italiana, il gusto dell’arredamento francese all'epoca
di Luigi XIII e del giovane Luigi XIV.
Nella chiesa di Melezet esistono delle statue di legno consumate
e stinte, ma che conservano la stessa ampiezza di attitudine e vivacità di
modellazione: esse sono di dimensioni press’a poco al naturale, e lassù sul
coro dove le ho viste, sembrano un gruppo di persone intente a discorrere.
Due altari, quello della chiesa degli Arnauds e quello della
parrocchiale di Bardonecchia, presentano caratteristiche comuni, tanto da
poterli assegnare agli stessi anni. Hanno entrambi la stessa ricchezza di
lavoro, la stessa struttura in tre parti divisa da colonne torte con
trabeazione, e recano entrambi un quadro nella parte centrale, e delle nicchie
con statue di santi nelle laterali.
Agli Arnauds, l’altare — il più modesto dei due — adatta la
sua struttura in tre parti all’antico abside poligonale, ed è sormontato da una
lunetta col Padre Eterno, la quale occupa perfettamente il vano della volta.
Tutto l’insieme è massiccio ma molto decorativo, con tabernacolo ad andamento
ricurvo. A Bardonecchia invece, la costruzione totale dell’ancona di legno
dorato e dipinto e collocata su un altare in marmo, ed è di così grandi
dimensioni che la mensa diventa la minima parte del complesso. Sulla
trabeazione delle colonne torte, è collocato il monogramma di Cristo raggiante
fra nuvole e angioletti, con effetto di slancio verso l’alto. Il disegno
dell’altare in marmo. e le proporzioni generali possono assegnare l'altare alla
fine del Seicento, come l’altare di S. Francesco da Paola a Torino. L ’effetto
complessivo è ricco e grandioso, però si notano degli squilibri di rapporti, le
statuette sono rigide, e i particolari mancano di finezza. Direi che la scuola
di Melezet cominciasse a dar segni di esaurimento.
Nella chiesa parrocchiale di Rochemolles vi è un altare
laterale dove il quadro dell’Assunta, di composizione vivace, è completato,
oltre che da cornice scolpita e da cornici laterali d’inquadratura delia parete
a cui è appoggiato, con estese volute e festoni di poco rilievo, in modo che il
quadro possa predominare, e il cui carattere suggerisce il XVII secolo e
ricorda cose francesi.
Alla seconda meta del XVIII secolo appartengono probabilmente
i festoni ai lati dell’altare di Rochemolles, il gradino sull’altare cogli
arredi, e il dignitoso Cristo Crocifisso.
I candelabri più bassi formano intreccio, come un merletto,
a completare il gradino dell’altare;
quelli alti hanno già la linea alquanto rigida dello stile Luigi XVI.
Questo complesso è ancora buono, ma, col passare del tempo,
le sculture si fecero più grossolane, la policromia più stridente, e i festoni
si gonfiarono, enormi e ingenui. Influì certamente, sull’esaurirsi della scuola
di Melezet lo scetticismo settecentesco e il materialismo ottocentesco. Occorre
un vivido sentimento di convinzione da parte dell’artista oltre che da parte
del committente, per produrre opere vitali : col passare del tempo, le
statuette diventarono dure e meno espressive.
Ora un gruppo di volonterosi vuole riprendere la scuola
di Melezet non come imitatori pedestri di cose superate, ma come
studiosi dell’opera dei padri per trarne incitamento.
E’ stata infatti costituita una scuola col nome di Melezet
per l’addestramento di giovani con aspirazioni
artistiche, che per un periodo di due anni copieranno vecchie opere per comprenderne la tecnica e lo spirito e poi
si eserciteranno a creare secondo loro stessi. Questa scuola e già approvata e
sussidiata dal Ministero della Pubblica Istruzione, e le autorità della valle
si adoperano per sostenerla : tra di esse è da segnalare per la sua paterna
assistenza il Sindaco di Bardonecchia.
Vi sarà chi obietterà con una smorfietta : ≪ A che pro risuscitare ciò che ha fatto
il suo tempo? A che pro cercare di attirare l’attenzione su qualche prodotto
artigiano? ≫.
Ma perché non cercare di imprimere agli oggetti che usiamo
un ritmo simpatico, come seppero fare i nostri padri cogli oggetti più comuni?
Perché non incoraggiare questi volonterosi?
Tocca a loro dimostrare il valore del loro tentativo: auguriamo
loro ch’esso sia come il famoso semino di senapa, capace di produrre un grande
risultato.