venerdì 2 maggio 2014

La Scuola del Melezet di Laura Tamagno

Nella rivista mensile TORINO APRILE 1954, Laura Tamagno scrisse il seguente articolo:

"LA SCUOLA DEL MELEZET"


L’alta valle di Susa è ormai fra le regioni alpine più frequentate, grazie allo sviluppo preso in questo ultimo trentennio dalle gite estive e invernali.

Se analizziamo l’attrazione ch’essa esercita su di noi, ci accorgiamo che è dovuta non soltanto alle sue possibilità sportive e al suo paesaggio, ma anche all’armonia con cui le vecchie costruzioni ne completano la bellezza; così che le antiche case, i tipici campanili delle chiese, le cappelle, i piloni, restano parte integrante dei nostri più lieti ricordi.

L’alta valle di Susa è ricca di architetture dall’epoca romana in qua. E non soltanto di architetture, ma di pitture, arredi, oggetti, onorevoli testimonianze del lavoro intelligente e paziente del sacrificio secolare di tempo e di denaro degli antichi valligiani.

La valle di Susa non era isolata fra le sue montagne come certi affermano, perché lungo la valle di Susa si snodavano due dei percorsi internazionali più frequentati, il Moncenisio e il Monginevro : per essi passarono Barbarossa e Napoleone.

Naturalmente, chi cerca dappertutto Michelangelo e Raffaello, resta alquanto perplesso di fronte ad opere di confine, in cui s’incrociano tendenze disparate.

E’ senza dubbio la difficoltà di riconoscere la provenienza delle diverse forme, che ha scoraggiato gli studiosi dall’approfondire i problemi relativi all’epoca e all'ispirazione delle opere d’arte nelle nostre vallate alpine, e rende indifferenti o sprezzanti le persone colte. Ma se loro vorranno, fra un volo e l’altro in sci, fra una risata e l’altra, dare un’occhiata in giro, vedranno opere che meritano qualche attenzione, e sono a volte, assai curiose.

Si dà il nome di Scuola di Melezet, dalla ben nota frazione di Melezet di Bardonecchia, a scultori locali, la cui attività si estese per molti secoli nell’alta valle, in Savoia e Delfinato. Il nome della scuola serve a designare in particolare gli artisti del legno.

Segnalerò ora qualche opera, scegliendo di preferenza quelle della conca di Bardonecchia.

L’arte di scolpire era già praticata con successo nella valle di Susa, prima del XV secolo.

Un ottimo esempio è la chiesetta di S. Caterina a Chiomonte, dove la formula del portale romanico è interpretata in modo insolito, e dove soprattutto sono da esaminare le mensolette degli archetti sul fianco e sulla facciata: sia in forme geometriche, sia con piccole facce, tipo intagli africani, possono assegnarsi ai primi decenni del Duecento.

A questo tipo di sculture si possono riallacciare i capitelli della chiesa parrocchiale di Salbertrand, dove l’interpretazione delle maschere angolari in alcuni di essi, veramente picassiana, e il taglio semplificato di altri, pone l’interessante problema della datazione dei pilastri.

Queste opere sono lavoro di artigiani della vallata, oppure di artisti chiamati appositamente ad eseguirle?

Il fonte battesimale della chiesa parrocchiale di Chiomonte appartiene alla stessa tendenza. E’ molto antico? O è la sopravvivenza di un gusto ormai superato in Italia e Francia? Le caratteristiche razziali delle testine che si affacciano sopra le grandi foglie, e la rude forza con cui furono scalpellate, fanno pensare si tratti di arte locale.

La datazione della croce processionale della chiesa di Melezet, lavorata secondo lo stile romanico anche nel perizoma che fascia il corpo del Cristo, pone un simile problema. Le opere in legno precedenti il XV secolo, sono scomparse, e quindi meriterebbe accertare esattamente l'epoca della croce perché sarebbe l’esemplare più antico rimasto degli intagliatori in legno di Melezet.

Varie acquasantiere di pietra si possono scaglionare nei secoli medioevali fino al Cinquecento, tutte interessanti come giuoco di forme, e la cui datazione è molto ardua.

Fra i più chiari segni di prosperità di tutti i tempi è la sistemazione degli acquedotti. Ed ecco che una serie di grandi lavatoi fu collocata nei paesi della valle al XV secolo, quando i più stretti rapporti colla Francia fecero affluire commercio e benessere. Le vasche sono quasi tutte lavorate ad archetti o a ornati, e la stessa cifra della data è pretesto a motivo decorativo.

Tra di esse la vasca della frazione Thures di Cesana, di forma poligonale, reca in rilievo su una delle facce, il motivo araldico di corona due delfini e due gigli, che ci dice che la vasca fu lavorata dopo il 1446, epoca dell’annessione dell’alta valle al Reame di Francia.

Il soffitto in legno della chiesa parrocchiale di Rochemolles, si compone di un traliccio a scomparti quadrati, ciascuno dei quali porta una stellina, e meriterebbe d’esser conservato con più cura. Confrontarlo col soffitto scolpito della valle d’Aosta ora al Museo Civico di Torino, assegnato al sec. XV; esso è più ricco di quello di Rochemolles, ma quello di Rochemolles rivela un gusto più delicato; confrontarlo soprattutto col soffitto della cappella di S. Sebastiano a Lanslevillard nella Savoia al di là delle montagne.

Si possono assegnare alla seconda meta del XV secolo le due statuette policrome della Madonna con Bambino e di S. Sisto a Pian du Col sopra Melezet, giudicando dai costumi che indossano. Il benessere che la valle aveva raggiunto e il suo sviluppo intellettuale si possono apprezzare guardando queste figurette, dalla robusta grazia e dall'espressione intelligente.

Altro esemplare di scultura che mostra come la scuola degli scultori locali stesse fiorendo, è il leggio della parrocchiale di Bardonecchia che porta la data 1508. Il carattere paesano non esclude una sua bellezza: nel delfino dello stemma del Delfinato, l’interpretazione dell'animale sconfina nel mondo delle favole; sull’altra faccia del leggio, nella sintesi spiritosa di un campanile del luogo colle sue cuspidi. Il leggio è poi stato sormontato da un bizzarro ornato in tempo posteriore, e prova la perizia degli artisti valligiani il fatto che esso s'intona benissimo col resto.

All'inizio del XVI secolo si osserva come, fra le tendenze che s'incrociavano nell'alta valle, dapprima prevalesse l'influenza francese e nordica. La tendenza artistica del Rinascimento italiano stentò a infiltrarsi nel nord d'Europa, perché ad essa si accompagnava grave cambiamento di punto di vista nell’intender la vita (prova le furibonde lotte religiose di quel secolo), e i popoli del nord d'Europa proseguirono quindi svolgimento artistico consono ai loro punti di vista, spingendo il gotico alle estreme conseguenze. Dal contrasto fra le due tendenze e dai sorprendenti risultati dell'incrocio di esse, nacque la inesatta convinzione che le valli di confine fossero incapaci di accogliere movimenti artistici nuovi.

La tendenza rinascimentale italiana che appare nella finissima porta della chiesa parrocchiale di Cesana, del 1518, è un caso isolato e dubito sia stata fatta da un artista locale. Nei portali delle chiese parrocchiali di Salbertrand, del 1512, e di Bousson di Cesana, vediamo la continuazione del mondo artistico nordico, coll’arco inflesso Tudor, e l’energia che distingue Parte delle regioni di montagna, sia in Piemonte che, ad es., nel Tibet.

Meno ricco, ma ugualmente notevole è il portale della frazione Savoulx di (Oulx, colla data 1532; e la stessa forma dall'apertura e gli stessi intrecci di lettere assegnano la bellissima porta di una casa ad Oulx agli stessi anni.

La porta minore della chiesa parrocchiale di Salbertrand, datata 1548, assai simile a quelle, mostra l’intenzione di accogliere elementi del Rinascimento italiano come nella Francia coeva, senza modificare di molto l’essenziale struttura.


Fonte battesimale parrocchia S.Ippolito Bardonecchia
fonte battesimale S. Ippolito

Il contrasto dei due modi di vedere diede per risultato il fonte battesimale della chiesa parrocchiale di Bardonecchia, recante la data 1573. La vasca circolare su base poligonale, conserva il profilo dell’epoca precedente, ma nella biscottatura e negli angeli segue il modo rinascimentale. La vasca è sormontata da un coperchio a piramide, completato dal battesimo di Cristo : ma questo schema rinascimento è sormontato da un grazioso padiglioncino a cuspide gotico fiammeggiante.


Opera strana è la vasca battesimale agli Arnauds, per i bassorilievi che la ricoprono. Dagli stemmi si deduce che appartiene alla fine del sec. XVI, se non ai primi anni del XVII, ma esce dagli schemi classici; soltanto adesso, abituati come siamo all’arte più bizzarra, possiamo gustarne il fascino e capire da quali contrasti spirituali e turbamenti sociali essa sia nata.

Per la necessità di proclamare ben chiaro il credo cattolico della Controriforma, si costruirono e si scolpirono molti pulpiti, e parecchi si possono vedere nella vallata, arricchiti di rilievi e diventati parte importante delle chiese.

La croce del cimitero agli Arnauds di Bardonecchia presenta un altro di quei problemini stilistici che rendono difficile fissare date, e che richiederebbero pazienti ricerche negli archivi delle chiese, se pure resta qualche documento.

La fontana di Sauze d ’Oulx e stata datata 1555 ma ritengo che tale data possa riferirsi alla condotta di acqua, o a parte soltanto della fontana, perché la vasca, col suo ricurvo profilo e la grande cartella su cui si adagia lo stemma dell’Abbazia di Oulx, si può piuttosto assegnare alla prima meta del Seicento, confrontandola colla fontana della Drancia a Saluzzo, che è del 1633.

Alla cappella di N. S. del Coignet agli Arnauds vi sono due candelieri a forma di angeli ad ali spiegate che forse si possono pure assegnare al XVII secolo, campioni dei lavori della scuola in fatto di arredi.

Nella cappella di S. Andrea a Millaures, il quadro d’altare della Madonna è stato inquadrato con una vistosa cornice a volute di fogliami, dai quali sbocciano testine d’angioletti, nascondendo così parte degli affreschi del Cinquecento avanzato che ricoprono la parete. Questa cornice fu completata con due gradini e con un piccolo tabernacolo. Per quanto si tratti di opera paesana in una cappella sulla montagna, i fogliami si svolgono con un’ampiezza di movimento che fa dimenticare la mediocrità della pittura. Da tale movimento, dalla forma del tabernacolo e supponendo che il quadro sia stato dipinto alla stessa epoca, dall’esame dei costumi dei santi rappresentati, deduco si possa assegnare questa cornice al XVII secolo. Essa richiama, oltre l’arte italiana, il gusto dell’arredamento francese all'epoca di Luigi XIII e del giovane Luigi XIV.

Nella chiesa di Melezet esistono delle statue di legno consumate e stinte, ma che conservano la stessa ampiezza di attitudine e vivacità di modellazione: esse sono di dimensioni press’a poco al naturale, e lassù sul coro dove le ho viste, sembrano un gruppo di persone intente a discorrere.

Due altari, quello della chiesa degli Arnauds e quello della parrocchiale di Bardonecchia, presentano caratteristiche comuni, tanto da poterli assegnare agli stessi anni. Hanno entrambi la stessa ricchezza di lavoro, la stessa struttura in tre parti divisa da colonne torte con trabeazione, e recano entrambi un quadro nella parte centrale, e delle nicchie con statue di santi nelle laterali.

Agli Arnauds, l’altare — il più modesto dei due — adatta la sua struttura in tre parti all’antico abside poligonale, ed è sormontato da una lunetta col Padre Eterno, la quale occupa perfettamente il vano della volta. Tutto l’insieme è massiccio ma molto decorativo, con tabernacolo ad andamento ricurvo. A Bardonecchia invece, la costruzione totale dell’ancona di legno dorato e dipinto e collocata su un altare in marmo, ed è di così grandi dimensioni che la mensa diventa la minima parte del complesso. Sulla trabeazione delle colonne torte, è collocato il monogramma di Cristo raggiante fra nuvole e angioletti, con effetto di slancio verso l’alto. Il disegno dell’altare in marmo. e le proporzioni generali possono assegnare l'altare alla fine del Seicento, come l’altare di S. Francesco da Paola a Torino. L ’effetto complessivo è ricco e grandioso, però si notano degli squilibri di rapporti, le statuette sono rigide, e i particolari mancano di finezza. Direi che la scuola di Melezet cominciasse a dar segni di esaurimento.

Nella chiesa parrocchiale di Rochemolles vi è un altare laterale dove il quadro dell’Assunta, di composizione vivace, è completato, oltre che da cornice scolpita e da cornici laterali d’inquadratura delia parete a cui è appoggiato, con estese volute e festoni di poco rilievo, in modo che il quadro possa predominare, e il cui carattere suggerisce il XVII secolo e ricorda cose francesi.

Alla seconda meta del XVIII secolo appartengono probabilmente i festoni ai lati dell’altare di Rochemolles, il gradino sull’altare cogli arredi, e il dignitoso Cristo Crocifisso.

I candelabri più bassi formano intreccio, come un merletto, a  completare il gradino dell’altare; quelli alti hanno già la linea alquanto rigida dello stile Luigi XVI.

Questo complesso è ancora buono, ma, col passare del tempo, le sculture si fecero più grossolane, la policromia più stridente, e i festoni si gonfiarono, enormi e ingenui. Influì certamente, sull’esaurirsi della scuola di Melezet lo scetticismo settecentesco e il materialismo ottocentesco. Occorre un vivido sentimento di convinzione da parte dell’artista oltre che da parte del committente, per produrre opere vitali : col passare del tempo, le statuette diventarono dure e meno espressive.

Ora un gruppo di volonterosi vuole riprendere la scuola di Melezet non come imitatori pedestri di cose superate, ma come studiosi dell’opera dei padri per trarne incitamento.

E’ stata infatti costituita una scuola col nome di Melezet per l’addestramento di giovani con aspirazioni  artistiche, che per un periodo di due anni copieranno vecchie opere per comprenderne la tecnica e lo spirito e poi si eserciteranno a creare secondo loro stessi. Questa scuola e già approvata e sussidiata dal Ministero della Pubblica Istruzione, e le autorità della valle si adoperano per sostenerla : tra di esse è da segnalare per la sua paterna assistenza il Sindaco di Bardonecchia.

Vi sarà chi obietterà con una smorfietta : A che pro risuscitare ciò che ha fatto il suo tempo? A che pro cercare di attirare l’attenzione su qualche prodotto artigiano? .

Ma perché non cercare di imprimere agli oggetti che usiamo un ritmo simpatico, come seppero fare i nostri padri cogli oggetti più comuni?

Perché non incoraggiare questi volonterosi?

Tocca a loro dimostrare il valore del loro tentativo: auguriamo loro ch’esso sia come il famoso semino di senapa, capace di produrre un grande risultato.